La legge di stabilità, che ha introdotto l’«imposta unica comunale» affiancando il tributo sui servizi Tasi all’Imu e all’ennesima versione della tassa rifiuti (che ora si chiama Tari), aveva promesso l’invio di bollettini precompilati con gli importi da pagare, per evitare ai contribuenti di dover affrontare da soli i conti della nuova imposta una e trina. A febbraio la promessa aveva cominciato a vacillare, perché il ministero dell’Economia aveva preparato una bozza di decreto in cui si spiegava che la precompilazione sarebbe stata un’opzione per i Comuni, e non un obbligo, ma poi non se n’è fatto nulla. Il tempo però è passato, e ora una certezza c’è: anche trovando il modo di superare i tanti problemi attuativi, a poco più di un mese dagli acconti del 16 giugno è impossibile chiedere ai Comuni di preparare e inviare a tutti i contribuenti i modelli con le somme da pagare. L’acconto, insomma, sarà «fai da te», e molti elementi lasciano prevedere che lo stesso accadrà al saldo di dicembre.
La prova, per milioni di contribuenti, non sarà facile, anche perché le regole sulla Tasi, il tributo sui «servizi indivisibili» (illuminazione, manutenzione delle strade, sicurezza e così via) che costituisce l’aspetto più inedito della Iuc, stanno continuando a cambiare, e la maggioranza dei Comuni è ancora lontana dalle decisioni finali sulle aliquote. Per questa ragione, la legge di conversione del «salva-Roma» ter ha scritto una norma ponte, che fissa la data-chiave al prossimo 31 maggio (in realtà è il 3 giugno, cioè il primo giorno feriale dopo la fine di maggio): gli acconti, in programma il 16 giugno, si pagheranno sulla base delle aliquote decise dal Comune solo negli enti che pubblicheranno le aliquote entro la data-chiave, dopo averle approvate entro il 23 maggio. Negli altri, che probabilmente saranno l’ampia maggioranza, i proprietari di sola abitazione principale saranno esentati dalla prima rata, e pagheranno tutto a dicembre: chi possiede altri immobili, invece, dovrà pagare l’Imu in base alle aliquote 2013, e la Tasi allo 0,5 per mille, cioè la metà del parametro standard dell’1 per mille per commmisurarla aun possesso di sei mesi. Una regola apparentemente piana, copiata dai meccanismi dell’Imu al debutto, che nel mondo della Iuc crea però parecchi problemi.
In 1.200 Comuni, dove abita il 43,2% degli italiani, le aliquote Imu hanno già superato il 10 per mille, e spesso hanno raggiunto il massimo del 10,6 per mille: in questi casi la Tasi può essere applicata solo se il consiglio sceglie l’aliquota aggiuntiva necessaria a introdurre le detrazioni. Tanti di questi Comuni, però, come mostrano anche alcune delibere avviate nelle scorse settimane, decideranno di non introdurla, oppure di applicarla alle abitazioni principali, di fatto esentando dalla Tasi la maggioranza di seconde case, negozi e capannoni sul loro territorio. Se la delibera arriverà dopo maggio, però, i proprietari saranno comunque chiamati all’acconto “standard” dello 0,5 per mille, e poi dovranno chiedere la restituzione di questo anticipo. Anche dove l’aliquota aggiuntiva sarà applicata, comunque, qualcosa non quadra se l’Imu ha già raggiunto il massimo l’anno scorso. La somma di Imu e Tasi non può infatti superare l’11,4 per mille, ma di fatto in questi Comuni l’acconto sarà misurato su un’aliquota teorica dell’11,6 per mille (Imu 2013 più 1 per mille standard della Tasi): un po’ troppo.
Resta un mistero, poi, come si devono comportare i proprietari dei circa 3 milioni di abitazioni date in affitto: gli inquilini devono pagare una quota che oscilla dal 10 al 30% della Tasi, e che deve essere scelta dal Comune. Un parametro standard non c’è, ed è quindi impossibile “indovinare” che cosa dovranno pagare gli inquilini nei Comuni che decideranno dopo maggio. L’elenco delle incognite, insomma, è lungo, e può essere ancora arricchito dal decreto «casa-Expo» che sta faticosamente procedendo in Senato con nuove regole su canoni concordati.
[FONTE: Il Sole 24 Ore]